Anche i ricchi piangono.
Così dicono gli amici e colleghi della Torino Piemonte Film Commission. Pensa un po’ come sta messo il Paese.
Sos Film Commission – “Ci fanno chiudere”
Della Casa: “Anche il Comune
ha tolto 300 mila euro”
EMANUELA MINUCCI
TORINO
Ciak, si chiude. E’ questo il finale a sorpresa di Film Commission? A temere che, avanti di questo passo, finanziariamente parlando, stia davvero per calare il sipario sulla creatura presieduta da Steve Della Casa è lui stesso, il presidente: “Se continua di questo passo davvero chiudiamo baracca e burattini – ha detto ieri durante il consiglio d’amministrazione -; qui, se sommiamo i tagli ai finanziamenti garantiti dagli enti locali, la negazione del “tax credit” (che permette di detassare gli utili investiti in una nuova produzione) e il blocco del trasferimento fondi per passare al digitale, insomma rischiamo di non produrre più nulla”.
Lo sfogo, avvenuto anche di fronte all’assessore alla Cultura Fiorenzo Alfieri, è esploso come un fulmine a ciel sereno: “Il Comune ci ha tagliato 300 mila euro. Se pensate che il nostro bilancio pareggia sui 2 milioni non mi sembra una percentuale da poco – ha aggiunto Della Casa – e se la tendenza a esacerbare i tagli dovesse arrivare anche dalla Regione davvero non sapremmo più a che santo rivolgerci”.
Poi il presidente ha fatto l’esempio del Cineporto, “la nuova casa del cinema” che nascerà a ottobre in corso Verona, nell’ex stabilimento Colongo: una struttura di 9 mila metri quadrati che potrà ospitare contemporaneamente cinque produzioni, e che comprende: una sala per visionare i “giornalieri” delle troupe e sede di anteprime di film e incontri, un ristorante, gli uffici della Film Commission e di altri organismi che operano nel campo. “Il Cineporto – ha aggiunto Della Casa – è come una splendida Ferrari a cui potrebbe mancare la benzina. Che ce ne faremmo senza fondi? La lasciamo in garage dopo aver speso 7 milioni?”.
E così, mentre Nanni Moretti, direttore del Torino Film Festival, medita sulle disastrose conseguenze che l’assenza della “tax credit” potrebbe avere sulla rassegna torinese, Steve Della Casa riflette amaro sul futuro delle pellicole “made in Turin”: “Se penso che tre film italiani su quattro di quelli recentemente presentati a Cannes erano girati a Torino mi viene veramente una grande malinconia. Giovedì prossimo, per esempio, sarà qui Ettore Scola per girare un film ad episodi. E pensiamo anche alla materia prima che soltanto Torino e Film Commission possono fornire ai registi, come, per citarne soltanto una, le 400 comparse che sono state utilizzate alla Reggia di Venaria per girare “I Demoni di San Pietroburgo” di Giuliano Montaldo o ancora la grandiosa location che abbiamo fornito al film “Il divo” che ha molte scene girate all’interno del Parlamento Subalpino a Palazzo Carignano. Ma vi rendete conto? Noi ormai abbiamo messo in piedi un sistema straordinario, un circolo virtuoso che rischia di interrompersi bruscamente”.
Un bel pianto greco, insomma, che rapidamente ha fatto il giro dei palazzi della politica arrivando alle orecchie di chi conta, ma che potrà poco: i tagli alla Cultura decisi dal Comune, infatti, hanno penalizzato un po’ tutti i settori. Dai musei alle mostre, dai concerti a Film Commission, appunto. E l’assessore Alfieri ha sempre opposto fiera resistenza a questa cura dimagrante a dir poco drastica. “Il problema è che, come ho già detto, Film Commission ormai è un treno in corsa che viaggia meravigliosamente – spiega ancora Steve Della Casa – e dall’autunno questo treno avrà anche una stazione che è il Cineporto di corso Verona: una città, del cinema, nella città. Che diventerà non soltanto un luogo di produzione, ma anche di incontro. Forse dovremmo fermarci tutti a riflettere su come trovare nuovi fondi, ma soprattutto non rinunciare ad un business che rilancia l’immagine di Torino e del Piemonte in tutto il mondo”. Intanto, giovedì, Ettore Scola passerà al setaccio le location di Film Commission. E speriamo che non se ne vada dicendo “C’eravamo tanto amati”.